La crisi dell’agricoltura in Sicilia, cominciata negli anni ’80,sembra entrata in una fase irreversibile,nonostante una più ampia crisi, che investe tutti i settori e riguarda tutta l’Italia,abbia spinto in questi ultimi due anni molti giovani a creare piccole imprese per trovare un’occupazione che diventa sempre più un miraggio,se consideriamo che tre giovani su dieci sono in cerca di lavoro .E dire che si potrebbe uscire da questa crisi seguendo la strada giusta . Non c’è giorno in cui un quotidiano regionale ,attraverso le interviste ad economisti,politici,imprenditori,uomini di cultura,non ribadisca che la soluzione è sempre quella di potenziare l’agricoltura e l’enoagriturismo e poi soprattutto quella di valorizzare e potenziare il turismo che significa cultura e conoscenza delle grandi eccellenze del passato e del presente .E Claudio Abbado,tra i primi 10 direttori d’orchestra di tutti i tempi,nel mondo,diceva che l’arte e la cultura rendono migliore l’uomo . Ed ancora nella rubrica del G.d.S “ Speciale Scuola” si suggerisce ai giovani che il miglior investimento è:”Cultura,sapere,conoscenza” .Noi in questa sede cercheremo di fare una breve analisi,per potere capire il presente, della situazione agricola tra Sedicesimo e Diciannovesimo secolo dicendo che essa era fondamentalmente basata sui latifondi di proprietà dei baroni o della Chiesa o dei comuni .Parallellamente riuscivano a esistere tenute più modeste di proprietà dei burgisi cioè dei contadini che avevano riscattato,o tenevano la proprietà in affitto,in veste di massarioti .
Terreni semicoltivati.Foto Aiello 1965
Un quadro di insieme delle condizioni dei contadini siciliani e dei loro rapporti coi “signori” si può leggere nel libro di Koenigsberger:In Sicilia la condizione di servo era già scomparsa nei secoli tredicesimo e quattordicesimo,ma i coltivatori che affittavano le terre erano ancora soggetti a un gran numero di restrizioni . I signori rivendicavano una certa percentuale dei loro raccolti,lavoro non retribuito,l’uso esclusivo delle foreste e dei pascoli comuni durante parte dell’anno,e alle volte perfino dell’intera proprietà se essi lasciavano la tenuta . Il governo dovette emanare leggi contro l’ultima di queste pratiche come pur contro l’ingiusta abitudine dei baroni di costringere i fittavoli a vendere l’intero prodotto a basso costo di modo che successivamente,durante l’anno,gli stessi fittavoli dovevano ricomprare ciò di cui necessitavano a prezzi maggiorati . La maggior parte dei signori,tuttavia,godeva del diritto più discreto di prelazione ai prezzi del mercato o del governo .I mulini e le presse d’olio erano di solito nelle loro mani,e se permettevano ai loro vassalli di prendere il loro grano e le loro olive da qualche altra parte,insistevano comunque sul pagamento di una decima per la macina e la pressatura .
Frantoio(strincituri)-Foto Aiello 1964
Per settori più specifici della produzione agricola,bisogna tenere conto di quanto dice il Trasselli,a proposito della fabbricazione dello zucchero . Ipotesi confortata dalla documentazione coeva di un trappeto(frantoio)pressochè identico a quello dell’olio . Per quanto riguarda gli attrezzi rurali,come il frantoio e il torchio bisogna tenere conto anche della descrizione che ne fà il grande studioso Giuseppe Pitrè . Il 2 maggio del 1746 venivano ulteriormente modificati i Capitoli sulla produzione di frumento e di seta dal Parlamento siciliano,nei suoi rispettivi tre bracci,ecclesiastico,militare e demaniale per istanza del Protonotaro Don Ignazio Pepe . Ciò che si lamentava era la mancanza di un assetto dei commerci”essendo unico oggetto del Parlamento promuovere tutto ciò,che contribuir possa a sollievo e vantaggio al regno,che in oggi non senza lacrime si ravvisa,destinato in tante miserie pelli sinistri accidenti,ai quali ha soggiaciuto,non men che pella mancanza della estrazione dé suoi generi specialmente dai frumenti,restando in debito,per rapporto all’estere nazioni,prova insieme la sensibilissima pena di vedere estratta l’effettiva moneta in vece dei suoi generi,che o li restano invenduti o barattati a vil prezzo.”In Europa,ed in genere nel dibattito internazionale,si assistette a numerose azioni di propaganda,esposizioni,edizioni di trattati di agraria . Anche in Sicilia,sia pure con notevole ritardo,si ebbero iniziative del genere . Marcello Verga affronta tutti i temi dell’agricoltura in Sicilia,con una trattazione ricca di documentazioni e di disegni,ricordando infatti Mariano Di Napoli e Bellacera(1713-1765),parla della costruzione di un “aratro appianatore” e di una carro per sgusciare il grano e tritar la paglia .Fra l’altro questo carro doveva essere assemblato con legno di “rovere,o altro legno glandifero,così pel peso maggiore,che la sua consistenza o curabilità”per avere buon esito nella realizzazione del carro .Un’altra versione del sospirato strumento di aratura e semina nelle difficili coltivazioni agricole dei campi siciliani,la forniva Giacomo Alagna,rilevante artista-inventore e valoroso marinaio,che nel corso della sua attività di terra,aveva messo a punto una serie di accessori,anticipatori dei più moderni attrezzi agricoli.
Campagne di Sicilia-Foto Aiello 1965
Per il buon profitto dei commerci e quindi anche dell’agricoltura,era però necessario migliorare la viabilità con la costruzione di nuove strade.Domenico Maria Giarrizzo in un saggio del 1790 scriveva:”L’intero commercio esige,che le strade del regno di Sicilia fossero carrozzabili .Il trasporto delle derrate sopra i carri,costa il terzo di meno di quel che si paga trasportandole sopra le vetture .Oltre a facilitazione di potersi trasportare in tutti mesi dell’inverno,e dell’autunno:tempo,in cui le strade di Sicilia si rendono quasi impraticabili,recano pure il vantaggio d’impegnarsi meno uomini,e meno animali.”
Antica strada di campagna(sec,XVIII)-Foto Aiello 2010.
Adesso riassumiamo brevemente gli aspetti di questa nostra economia agraria caratterizzata da sempre dal predomino delle colture erbacee e dall’enorme diffusione di quelle legnose .Molto modesta è invece stata l’estensione delle colture foraggere permanenti,dovuto questo a uno scarso sviluppo dell’allevamento del bestiame,e del tutto insignificante è poi quella del bosco .Comunque le tre colture fondamentali del nostro territorio sono la vite,l’ulivo e il grano .Su un piano inferiore abbiamo poi la produzione degli agrumi .Non c’è stata neanche una profonda trasformazione nel secolo scorso,nonostante la costruzione di numerosi bacini idrografici per l’irrigazione .
Una delle tante dighe costruite nel XX secolo-Foto Aiello 2006
E questo per la mancanza di capacità imprenditoriali della maggioranza dei nostri contadini,ma anche per la mancanza di una seria politica agricola,per l’abbandono progressivo,negli anni ’70,della campagna da parte degli addetti ed oggi per una profonda crisi che ha investito la maggior parte del mondo.Una delle peculiarità della struttura agraria e sociale della nostra Sicilia nel passato è stata la persistenza della grande proprietà,ma ormai essa non ha più le dimensioni nè il carattere di latifondo . La realtà è che oggi la maggioranza del territorio è diviso in piccolissime e piccole aziende(sotto i 5 ettari) che per la maggior parte hanno una conduzione diretta .Un altro aspetto negativo è che le cooperative agricole sono poche .La nascita improvvisa di alcune cooperative vinicole c’è stata negli anni ’70,ma questo per mascherare allora la sofisticazione .Certamente legata al problema dell’agricoltura,è stata infatti la sofisticazione del vino che ha avuto il suo “boom” negli anni settanta .Dare un giudizio sulla sofisticazione cha ha interessato vasti strati della popolazione non è nostro compito,ma è nostro dovere esaminare obiettivamente i danni arrecati all’agricoltura .Negli anni del suo più forte incremento,si è verificato un progressivo abbandono della terra con danni incalcolabili per l’agricoltura,motivo per cui questa non è riuscita a decollare malgrado la presenza di tanti bacini idrografici che dovevano costituire la ricchezza per tante zone della Sicilia,specialmente dove si era lamentato maggiormente la mancanza di acqua per uso irriguo .Altri aspetti negativi che sono sorti di riflesso vanno individuati in una incontrollata espansione edilizia,il rincaro generale dei prezzi,la costituzione di una classe sociale boriosa ed arrogante spesso legata alla mafia che in questo periodo divenne la padrona ssoluta del territorio anche con la connivenza di alcuni settori della classe politica(come è stato ampiamente dimostrato in quest’ultimo ventennio.E subito dopo la chiusura dei mercati internazionali all’esportazione del nostro vino,ci si venne a trovare di fronte a forti tensioni sociali dovute a un forte aumento della disoccupazione e a un incremento travolgente dello spaccio e del consumo della droga .La nascita,però,di tantissime Cantine sociali per il vino e di piccole e grandi imprese(oggi tre su dieci che ne nascono,sono nel campo dell’agricoltura,per la commercializzazione non solo dei vini ma anche dell’olio)sta dando un certo respiro al settore.
Ex-baglio dei marchesi Oneto,oggi azienda agroturistica-Foto Aiello 2009
Aggiungi che si stanno incrementando le aziende di agriturismo con l’intento di valorizzare le eccellenze gastronomiche della Sicilia supportate dalla conoscenza dei beni culturali che sono tra le cose più preziose che possediamo.Prospettive future?Diciamo che ci sono dei poli di sviluppo già individuati dalle menti più aperte e lungimiranti,poli di sviluppo che si spera dovrebbero essere momenti qualificanti per la crescita della nostra Sicilia e concorrere fortemente ad aiutare ad uscire da questa profonda crisi generale che penalizza pesantemente la nostra terra .Sono ormai in tanti a crederci,speriamo solo che ci credano anche i nostri politici .
Ex-baglio,oggi trasormato in azienda agroturistica-Foto Aiello 2009